La più antica testimonianza documentata su Corsico
è scritta su di una pergamena del decimo secolo, riscoperta e trascritta sul
finire del settecento da alcuni storici bergamaschi, oggi conservata nell’archivio
Capitolare della Chiesa di Bergamo.
L’atto
fu scritto in latino medievale su pergamena a Milano, “Actum Civitate
Mediolano”, in data 8 giugno 911, “hoctavo die mense Junio” e, poiché
parlava di una “commutatio”, uno scambio di beni che appartenevano alla
chiesa di San Salvatore a Bergamo, “de fundis iuris Basilicae S. Salvatoris”,
fu successivamente custodito nella Curia Vescovile di Bergamo.
Nel
911 la provincia di Milano faceva parte del Regno d’Italia sotto il controllo
del Sacro Romano Impero con a capo il Re Berengario I, che fu marchese del Friuli
(874 - 924), Re d'Italia (888 - 924) e Imperatore dei Romani (915 - 924).
La
pergamena restò negli archivi per secoli, finché non fu studiata dal canonico
Mario Lupo (1720-1789), storico e bibliotecario bergamasco, che dal 1762 si
dedicò alla ricerca e alla trascrizione dei documenti medievali presenti nella
Curia Vescovile. Con l’aiuto dei suoi collaboratori Lupo catalogò e trascrisse
fedelmente il contenuto delle pergamene più antiche, offrendo così
un’importante fonte storica.
Frutto di questo lavoro è il Codex
Diplomaticus Civitatis, Et Ecclesiae Bergomatis A Canonico Mario Lupo Eiusdem
Ecclesiae Primicerio Digestus Notis, Et Animadversionibus Illustratus Volumen
Primum pubblicato nel 1784.
Nel 1799
Giuseppe Ronchetti portando a termine il lavoro del suo maestro Mario Lupo,
morto dieci anni prima, pubblica il secondo volume del Codex, dove alla pagina
settantacinque si trova un estratto quasi completo della prima trascrizione di questo
documento che fa riferimento a una località chiamata Corsingo, “in loco et
fundo Corsingo”.
Questa è la prima trascrizione quasi completa che
l’autore intitola: ”Commutatio Adelberti
Episcopi cum quodam Joanne Mediolenensi de fundis iuris Basilicae S. Salvatoris
anni 911”, che tradotto letteralmente significa “Scambio del Vescovo
Adalberto con qualcosa di Giovanni di Milano
riguardo ai beni di proprietà della Basilica di S. Salvatore nell'anno 911”
(traduzione effettuata tramite l’uso di un’intelligenza artificiale).
Ecco la parte che cita Corsingo.
……..Ecclesie & Episcopatus
quod sunt rebus ipsis scitis in loco & fundo Corsingo, & est ibi
sedimen unum quod est per mensura juxta perticis jugialis tres & tabulis…..
La
prima pubblicazione integrale della pergamena si trova nel “Codex
diplomaticus Langobardie”, curato da Giulio Porro-Lambertenghi e inserito
nel volume Historiae patriae monumenta, vol. XIII, del 1873, alla pagina
762.
In
seguito molte altre pubblicazioni riguardanti il Medioevo citano questo
documento e il luogo di Corsingo, ma per lungo tempo si è ignorato se
appartenesse alla provincia di Bergamo o a quella di Milano. E’ solo a partire
dagli anni sessanta del novecento che gli studiosi hanno confermato che il
fondo di Corsingo era riferito ad un luogo della provincia milanese.
Del
1988 l’ultima revisione del testo di questa pergamena contenuto nel volume “Le
pergamene degli archivi di Bergamo a. 740-1000”, promosso dalla Provincia
di Bergamo e realizzato dal team di Maria Rosa Cortesi, professoressa
all’Università di Pavia.
Alla pagina ottantatre l’autrice intitola così la trascrizione “Adalberto
vescovo di Bergamo permuta con Giovanni del fu Raudingone da Milano un sedime e
terre a varia coltura, di proprietà della basilica di S.
Salvatore di Bergamo, situati in Corsingo, con case, campi e boschi in Bolgare,
Gerrate e Cassenago”, che lascia
bene intendere il contenuto della pergamena.
Nel
2011 l’Associazione Noi di Corsico ha comunicato tramite il Giornale di Corsico
che la città denominata Corsingo è Corsico. Tuttavia
non esistono prove certe di questa identificazione ma solo indizi che lo
suggeriscono.
A
favore di questa tesi è certo che il luogo si trova nel milanese, come
attestato dalla pergamena stessa, e che non vi sono altri toponimi simili nella
stessa provincia. Inoltre, il nome di Corsico ha subito altre modifiche nel
tempo, essendo successivamente identificato come Corsego, che potrebbe indicare
una mutazione nel corso degli anni arrivando all’odierno Corsico. C’è
sicuramente da aggiungere e considerare che la trasformazione dei toponimi nel
corso del tempo può essere attribuita a vari fattori, tra cui:
Evoluzione Linguistica: Le lingue sono state in
costante evoluzione, e i toponimi, come parte del linguaggio, sono cambiati con
esse. Questo ha incluso cambiamenti nella pronuncia, nella grammatica e nel
lessico.
Errori di Trascrizione: Nel corso dei secoli, gli
errori di trascrizione sono stati comuni, specialmente quando i documenti erano
copiati a mano. Questi errori hanno potuto portare a nuove varianti di un nome
che poi sono diventate la norma.
Influenze Culturali: I cambiamenti politici o le
conquiste hanno potuto portare a cambiamenti nei toponimi, con i nuovi
governanti o popolazioni che hanno imposto i propri nomi o adattato quelli
esistenti alla propria lingua.
Standardizzazione: Con l’avvento della stampa e,
più tardi, delle cartografie moderne, c’è stata una maggiore necessità di
standardizzare i nomi dei luoghi, il che a volte ha portato alla scelta di una
variante di un toponimo rispetto a un’altra.
Fonetica ed Etimologia: Alcuni cambiamenti sono dovuti
alla naturale evoluzione fonetica delle parole nel tempo. Inoltre, la
comprensione dell’etimologia di un toponimo può essere stata persa, portando a
nuove interpretazioni e forme.
Cercheremo
di approfondire maggiormente l’origine dei toponimi Corsingo, Corsego e Corsico
in pubblicazioni future.
Anche Corsico e la sua storia sostiene
decisamente questa teoria, dato che non esistono altri nomi di luoghi simili
che potrebbero creare confusione e complicare l’identificazione. Se non fosse
così, non avremmo speso tempo a raccontare questi fatti. Nonostante non sia
sicura la sua correlazione con Corsico, è una possibilità credibile che richiede
ulteriori studi e controlli. Questo è un esempio di come la storia possa essere
fonte di scoperte, dubbi e domande, che ci invitano a conoscere meglio il
nostro passato e il nostro territorio.
FEBBRAIO 1138 - UN MULINO IN CORSEGO
Il secondo riferimento storico documentato di
Corsico, in ordine cronologico, lo troviamo nel “Codice diplomatico della
Lombardia medievale (sec. VIII-XII)”, un archivio creato dalla Regione
Lombardia per raccogliere e catalogare le trascrizioni delle antiche pergamene
che erano conservate nelle varie chiese lombarde. Tra queste c’è una pergamena,
in cui viene citata la località di Corsego, dove sono tutti d’accordo si riferisca
a Corsico. Questo dimostra che nel corso degli anni il nome di Corsico è mutato
da Corsingo a Corsego.
La
pergamena, rinvenuta nella chiesa di S. Giorgio al Palazzo di Milano, è ora
conservata presso l'Archivio di Stato di Milano. Datata febbraio 1138, è
intitolata “Breve pignoris et consulti”. Questo era un atto comune nel
medioevo, se ne trovano di simili nel CDLM inerenti ad altri luoghi, ed era
un modo per prestare o ricevere denaro usando un bene come garanzia e
usufrutto.
In
questo caso si parla di un investimento in pegno di alcune proprietà di tale
Alberto figlio del defunto Ambrogio per comprare un mulino a Corsego, un atto
simile a un’ipoteca.
Questa
la trascrizione tratta dal CDLM nel sito internet dei Beni Culturali
della Regione Lombardia.
Breve
pignoris et consulti, 1138 febbraio, Milano.
Alberto del fu Ambrogio che fu
detto Sturnus de Fabrica, del borgo di Porta Ticinese, investe a titolo di
pegno e nomine consulti, a favore della propria moglie Giordana, Giovanni
Laborante, di Milano, suo suocero, di tutte le case e i beni in Rancate e a la
Turre, non lontano dalla città, un mulino in Corsico, a condizione che, nel
caso la moglie gli sopraviva i propri eredi le corrispondano, entro un anno,
trentatre lire di denari buoni milanesi d'argento, in conto del suo faderfio.
In caso di inadempienza, stabilisce che detti beni spettino alla moglie.
Anno dominice incarnacionis
milleximo centeximo trigeximo octavo mense februarii, indicione prima.
Presentia bonorum hominum quorum nomina hic subter leguntur, per lignum et
pergamenum que sua tenebat manu, Albertus filius quondam Ambrosii qui fuit
dictus Sturnus de Fabrica, de burgo Porte Ticinensis, investivit per pignus et
nomine consulti Iohannem qui dicitur Laborante, de civitate Mediolani, et ad
partem Iordane filie sue et coniux (a) ipsius Alberti, nominative de omnibus
casis et rebus territoriis illis reiacentibus in locis et fundis Rancate et a
la Turre, non longe ab hac civitate Mediolani, atque de molendino suo quod
reiacet in loco Corsego cum ripa et clusa et paratura seu argumento
atque cum omni sua utilitate pertinente eidem molendino ad macinandum,
quantecumque ipse case et res territorie de predictis locis Rancate et de la
Turre et de eorum territoriis invente fuerint, una cum predicto molendino de
suprascripto loco Corsego, sicut superius legitur in integrum, in
presenti maneant hoc pignore eo enore sicut hic subter legitur, ita ut si Dei
fuerit iuditium quod si (b) predictus Albertus decesserit ex suprascripto (a)
seculo antequam predictam Iordanam coniugem suam, tunc heredes ipsius Alberti
dabunt infra annum unun proximum post obitum eius eidem Iordane coniugi sue aut
eius heredibus vel cui ipsa dari iusserit arg(e)n(ti) d(e)n(ariorum)
b(o)n(orum) Mediol(anensium) libras triginta et tres, qui sunt de faderfio suo
que supra Iordane. Et si prenominati heredes ipsius Alberti se subtraxerint
quod non dederint suprascriptos denarios omnes per suprascriptum constitutum
sicut superius legitur, tunc, post transactum spatium anni uni (a), suprascriptas
res omnes qualiter superius legitur in integrum deveniant et permaneant in manu
et potestate ipsius Iordane, faciendum exinde cum suis heredibus vel cui ipsi
dederint quicquid voluerint secundum usum et tenorem pignoris et consulti sine
contradicione predictorum heredum et de illorum heredibus usque in pena dupli
ipsius pretii. Quia sic inter eos convenit. Actum in curte laboris Sancti
Laurentii. Signum manus suprascripti Alberti qui hunc brevem pignoris et
consulti ut supra fieri rogavit. Signum manuum Alberti Sedatii, Ottonis
Textoris, Anselmini But[raffi]i, Rainfredi Stampe, Nazarii, Iohannis et Anselmi
germani (a) qui dicuntur Ansaldi et Rogerii, testium. Ego Iohannes notarius
sacri palatii scripsi et interfui.
Anche
in questo caso vi lasciamo una traduzione dal latino eseguita tramite l’aiuto
di un’intelligenza artificiale che ha usato il suo modello di traduzione per
cercare di rendere il senso del testo originale. La traduzione non è perfetta e
potrebbe contenere errori o imprecisioni. Per una traduzione più accurata e
professionale, si consiglia di consultare un esperto di latino medievale.
Nell’anno dell’incarnazione del
Signore millecentotrentotto, nel mese di febbraio, nella prima indizione. In
presenza di buoni uomini i cui nomi si leggono qui sotto, per mezzo di un legno
e di una pergamena che teneva in mano, Alberto figlio del fu Ambrogio che fu
detto Sturno di Fabrica, del borgo di Porta Ticinese, investì in pegno e a
titolo di consulenza Giovanni che si chiama Laborante, della città di Milano, e
a favore di Iordana sua figlia e moglie (a) dello stesso Alberto,
nominativamente di tutte le case e le cose dei territori che si trovano nei
luoghi e nei fondi di Rancate e della Torre, non lontano da questa città di
Milano, e del suo mulino che si trova nel luogo di Corsego con la riva e
la chiusa e la paratura o l’argomento e con tutta la sua utilità appartenente
allo stesso mulino per macinare, qualunque siano le case e le cose dei
territori dei predetti luoghi di Rancate e della Torre e dei loro territori che
si trovino, insieme al predetto mulino del sopradetto luogo di Corsego,
come si legge sopra in tutto, rimangano in presente questo pegno per quel
valore come si legge qui sotto, in modo che se sarà il giudizio di Dio che se
(b) il predetto Alberto morirà dal sopradetto (a) mondo prima della predetta
Iordana sua moglie, allora gli eredi dello stesso Alberto daranno entro un anno
uno prossimo dopo la sua morte alla stessa Iordana sua moglie o ai suoi eredi o
a chi essa avrà ordinato di dare denari (d’)argento (d’)buoni (d’)Milanesi
libbre trentatré, che sono del suo faderfio che sopra Iordana. E se i predetti
eredi dello stesso Alberto si sottrarranno che non daranno i sopradetti denari
tutti per il sopradetto termine come sopra si legge, allora, dopo il passato
spazio di un anno uno (a), le sopradette cose tutte come sopra si legge in
tutto diventino e rimangano in mano e in potere della stessa Iordana, facendo
da allora con i suoi eredi o con chi essi avranno dato quello che vorranno
secondo l’uso e il tenore del pegno e della consulenza senza contraddizione dei
predetti eredi e dei loro eredi fino alla pena del doppio di quel prezzo.
Perché così tra loro convenne. Fatto nella corte del lavoro di San Lorenzo.
Segno della mano del sopradetto Alberto che chiese che questo breve di pegno e
di consulenza come sopra fosse fatto. Segno delle mani di Alberto Sedatio,
Ottone Tessitore, Anselmino But[raffi]o, Rainfredo Stampatore, Nazario,
Giovanni e Anselmo fratelli (a) che si dicono Ansaldi e Ruggiero, testimoni. Io
Giovanni notaio del sacro palazzo scrissi e fui presente.
Nel
1138 Milano e la sua provincia erano governate da un consolato, una forma di
governo comunale che prevedeva la gestione della città da parte di consoli
eletti. Questo sistema era stato adottato dopo che Milano si era dichiarata
libero comune nel 1117. In quel periodo Milano non era sotto il controllo
diretto di un singolo signore o di una dinastia, come sarebbe avvenuto più
tardi con i Della Torre. La città era quindi autogovernata da magistrati
eletti. Milano, nel suo cammino verso
l’autonomia, si oppose al Sacro Romano Impero. Questa sfida portò l’Imperatore
Federico Barbarossa a mettere la città sotto assedio nel 1162, con l’intento di
demolirla e servire da esempio alle altre città. La successiva vittoria di
Milano e della Lega Lombarda nella battaglia di Legnano nel 1176, dove
sconfissero il Barbarossa, segna una vittoria decisiva per il mantenimento
dell'autonomia.
29 AGOSTO 1181 - CONTESA PER L’USO DI UNA STRADA
TRA CORSICO E GRANCINO
Il terzo documento che cita Corsico, sempre in
ordine cronologico, era una pergamena oggi andata perduta e precedentemente conservata
presso il monastero di San Vittore al Corpo di Milano.
Il
suo contenuto non riguarda direttamente Corsico ma al suo interno è citata poiché
confinante con il luogo di Grancino, località scomparsa, di cui oggi rimane
solo una via nel comune di Buccinasco a ricordarne l’esistenza.
Di questo
documento è arrivato a noi solo un riassunto e, visto che tutte le trascrizioni
a noi pervenute sono già tradotte in italiano, non sappiamo con quale toponimo
è citata Corsico.
Nel
1736 il notaio Giuseppe Maria Tarantola, archivista municipale che si occupò
anche di realizzare l’archivio della Fabbrica del Duomo, segnalò questa
pergamena nel “Registro del grande archivio dell’insigne monastero di S.
Vittore al Corpo” insieme ad altri cinque documenti del dodicesimo secolo
di cui si sono perse le tracce.
Il
documento è citato dallo storico Giorgio Giulini nelle “Memorie spettanti
alla storia, al governo, ed alla descrizione della Città e della campagna di
Milano nei Secoli Bassi” del 1761 e nella successiva ripubblicazione del 1855.
Nella seconda pubblicazione alla pagina 790 del terzo volume troviamo questa
citazione “Poiché trattiamo dei nostri monasteri opportunamente riferirò
pure una sentenza data alli ventidue di agosto nel Consolato di Milano da
Guglielmo Calzagrigia Console, con Guidone da Melegnano, e Guercio Giudice suoi
Compagni a favore di Ambrogio Abate di San Vittore, la quale si conserva
originale nell’archivio di que’ Monaci.
Pretendevano i Villani del
luogo di Grancino allora detto Agracinum di passare per una certa strada nel
territorio di Curto, per cui usavano andare a Corsico, con carri, buoi, vacche
ed altre bestie: all’incontro l’Abate sosteneva, che quella era una strada
privata spettante al suo Monastero, e non ad altri: e così parve anche ai
Consoli. Al mio solito trascriverò dalla carte anche i nomi di quei cittadini,
che furono presenti alla decisione: cioè Squarciavilla Degli Oldani; Mainfredo
Dal pozzonobello; Buonamico Burro; Ottone Da Magezate; Fairo Da Bussero;
Giovanni Bastardo; Ariprando Morigia e Mantello Abbandonato”.
Il
riassunto fatto da G.M. Tarantola nel 1736 lo ritroviamo pubblicato alla pagina
170 de “Gli atti del Comune di Milano fino all'anno MCCXVI”, del 1919 a
cura di Cesare Manaresi.
1181
agosto 29
Guglielmo Calzagriggia console
di Milano, con altri due consoli suoi colleghi, giudica una lite vertente tra
il monastero di S. Vittore al Corpo di Milano e gli abitanti del luogo di
Grancino per un diritto di passaggio.
Sunto fatto da Giuseppe Maria
Tarantola nell’anno 1736, in Archivio di Stato in Milano, Fondo di Religione,
Registro dell’archivio del venerando monastero dà S. Vittore al Corpo di
Milano, tomo 11, p. 378. L’originale in pergamena da cui trasse il Tarantola
questo largo sunto, e che fu noto anche al Giulini, oggi non esiste fra gli
atti di quel fondo conservati nell’Archivio di Stato: esso nell’ordinamento
Tarantola era stato classificato sotto Curto, cartella 1, n. 4.
Reg.: GIULINI, memorie, 1 ed.
vol. VI, p.555, 2 ed. VII, 139; RIBOLDI, in Archivio Storico Lombardo, 1905,
vol.1 p. 263, dal Giulini, con la data 22 agosto, Cit. GIULINI, Memorie, 1 ed.
VI, p. 507, 2 ed. Vol. III p. 790, con la data 22 agosto.
1181
agosto 29
Sentenza pronunziata da
Guilielmo Calzagriggia console dì Milano, unitamente a Guido da Melegnano e
Guerzio giudice entrambi di lui compagni, sopra la controversia vertente fra D.
Ambrogio come abate del venerando Monastero di S. Vittore al Corpo per una
parte, e gli abitanti del luogo dì Grancino per l’altra, pretendendosi
dall’abate che non fosse lecito a quelli dì Grancino passare per la strada
esistente nella di lui brera sita nel territorio dì Curto con carro o senza
carro con persone e bestie, né gli fosse lecito condurre per essa strada le
bestie ad abbeverarle al fiume ivi poco discosto, per esser questa di ragione
del monastero egualmente che è la suddetta brera e per essere strada privata
de’ suoi coloni abitanti in Curto, per cui vanno alla chiesa ed a coltivare
altri terreni. All’incontro allegavano quei di Grancino essergli lecito ciò fare
per essere quella una strada pubblica dì cui tanto per venire a Milano con
carri quanto per condurre ad abbeverare le bestie al sodetto fiume già da
longhissimo tempo erano soliti valersi. Rispondeasi dall’abate quella essere
strada privata e non pubblica, perché lateralmente non vi sono fossi né siepi,
essere stata fatta a motivo che li suoi coloni dì Curto non poteano
commodamente andare per altra strada alla chiesa ed a coltivare i terreni, e
quelli di Grancino avere altra strada più commoda la quale è pubblica per cui
vanno a Corsico indi a Milano, quandochè valendosi della detta strada della
brera andarebbero non già a Milano, ma retrocederebbero. Prodotti adonque da
ambe le parti a’ testimoni, vista la discordia e sentite le allegazioni
vicendevoli, fu piuttosto creduto detta strada non essere pubblica, e perciò
vengono condannati quelli di Grancino a non passare con carro e senza carro,
con persone o bovi, vacche o altre bestie, prestato il giuramento dall’avvocato
del monastero essere la detta strada non già pubblica, ma proprietà dello
stesso monastero. Firmata dal sudetto Guilielmo Calzagriggia console e da
Guerzio, Arderico de Bonate ed Eriprando giudici, Rogero detto Bonafede giudice
e messo del re Corrado II, e da Ugo detto Castagnanera. Originale in pergamena.
Si
ritiene opportuno segnalare in ordine cronologico anche gli altri cinque documenti
andati perduti, ma che riguardano tutti zone limitrofe a Corsico, che ci confermano
che la zona fosse già abitata con la presenza di piccole comunità fin dal
Medioevo.
1146
luglio. Rinunzia fatta da Gioanni e Goffredo fratelli Canniate a favore di S.
Vittore dell’affitto di un massarizio di ragione del mon. nel territorio di
Curto. Arioaldo not. s. pal. (p. 387, cart. II, n. 1).
1175
luglio 14. Transazione fatta da Avosto de Arconate a Ambrogio abate e a
Beltramo monaco di S. Vittore di terre nel territorio di Curto. Ambrogio de
Capomuro not. (p. 377, cart. 1, n. 2).
1178
luglio 24. Donazione fatta da Sarda vedova di Pagano de Bogiana e fq. di
Raimondo de Curto ad Ambrogio abate di S. Vittore di terra in Robbiolo. Anselmo
de Carrate not. s. pal. e messo r. (p. 378, cart. 1, n. 3).
1182
gennaio 4. Investitura massarizia fatta da Ambrogio abate del mon. in Graspio
detto l’Abate di una terra nel territorio di Lorenteggio. Gio. Eagalberto not.
s. pal. (p. 9, cart. 1, n. 2).
1199
gennaio 26. Investitura massarizia fatta da Anselmo abate del monastero a Borro
e fratelli di Grancino della metà delle terre site nel territorio di Curto.
Guglielmo Garegniano not. imp. (p. 387, cart. II, n. 2).
Fonte
Codice Diplomatico della Lombardia Medievale.
Il successivo riferimento a Corsego lo troviamo nell’anno
1183 datato 24 luglio. In un inventario di beni della chiesa di San Pietro al Ciel
d’Oro di Pavia si parla di Iohannes De Corsego e Armanni De Corsego in quanto proprietari
di terre confinanti con i beni della suddetta chiesa.
Il territorio di Corsico e dei suoi comuni limitrofi
ha radici antiche che risalgono al medioevo. La presenza di comunità, seppur di
esiguo numero, è ormai ben documentata e più remota di quanto si pensasse in
precedenza. È innegabile che queste comunità fossero già presenti prima
dell’apertura del Naviglio Grande, il cui corso d’acqua ha poi favorito
un’ulteriore espansione della popolazione locale.