Corsico e la sua storia Volume 1

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1836 - NOVELLA STORICA SU CORSICO, LA GALLINA DELLA POVERA MARIA di DEFENDENTI SACCHI


Questa novella è derivata dal grosso incendio che  il 2 aprile del 1834 colpì Corsico, a questo link tutti i dettagli di quella tragedia 
L'autore ha descritto eccellentemente uno spaccato di vita corsichese del 1800. 

LA GALLINA DELLA POVERA MARIA

Racconto storico

E che? volete forse crearne la letteratura delle galline? — odo gridare alcuno vedendo il titolo di questo racconto? — Sempre novità con questa gente di lettere: ne hanno creata la letteratura marittima, Victor Hugo trovò quella del carnefice e dei patiboli, Balzac quella dell’ebbrezza e delle nequizie umane, ed ora chi sa quali uova faranno covare a queste galline! omai non ci si parla più nè delle colombe di Venere, nè del gallo di Marte, e ci vorreste pur annojare con una gallina? Se intendete inventare una nuova letteratura di unghie e di penne, attendete un altro secolo. — Un po’ di calma; io non presumo levare le ali a tanto volo; anza sono sì implumi che vanno sempre terra terra, ed hanno bisogno di riposo e di sussidio ad ogni piccolo viaggio. Solo, mentre tutti mandano la loro voce fra questo bel mondo, amo talora alzare anche la mia e dire qualche parola per ajutare il lettore a compiere uno sbadiglio. Perchè poi tanto fernetico ad udirvi ricordare una gallina? si sono lodati tanti cani da due o da quattro gambe, da quello d’Ulisse fino a’ nostri dì, ch’io posso ben lodare una gallina: non è poi tanto abietto uccello, se considerate i conforti che vi danno le sue uova in certi bisogni della vita, le mille generazioni di cibi onde v’imbandisce le mense: è una bestiuola sempre cara, giovane e provetta, e a dritto il secolo la tolse a simbolo di quelle amabili creature, cui il tempo passò lieve lieve a scompigliare con un soffio molesto i fiori del viso, e segnò di qualche nota la morbida pelle ai polsi, ma pure serbano ancora tanto vezzo che si vedono raumiliati innanzi i baffi della più balda gioventù, che mandano gli incensi profumati alla loro deità; infine se Buffon fece il panegirico del cantore orecchiuto, io ben posso dirvi le lagrime che ebbe una gallina da una povera vecchierella.
In Corsico, piccolo villaggio lunge a poche miglia da Milano, vive la buona Maria che vide nei due secoli che si toccarono, pari numero d’anni posarsi sulle sue spalle, e col presente 1834 si pongono in bilancio le due partite: era figlia d’un custode di formaggi. Corsico, come Codogno, è un emporio di caci detti parmigiani, e questi si conservano finchè partono pel mare, in ampie stanze intorno alle quali da terra alla soffitta sono ordinati forti assiti, quasi a maniera di scaffali, e su questi disposte le innumerevoli forme di formaggi, che valgono meglio de’ volumi in foglio de’ nostri eruditi, perchè almeno confortano lo stomaco. A queste ragguardevoli biblioteche, che modestamente si chiamano Casare, presiede un uomo di forti braccia, di gran petto, che svolge fra le mani, come una signora usa d’una strenna dorata, questi pesanti volumi, ed ha tatto ed ingegno, perchè se mal gli governa vanno sciupati. Costoro hanno buon guadagno e conducono con un po’ d’agio la vita: quindi Maria crebbe ben pasciuta, rubizza nella casa paterna; bella fra’ villici, pareva un fiore del campo, e andò a marito da molti desiderata, ed ebbe due figli che allattò coll’umore del proprio seno, perchè le contadine non si rifiutano a questo sacro ufficio e più 
caro della natura; e li crebbe sulle proprie ginocchia e accolse i loro primi sorrisi: essi la ricambiarono non d’ingratitudine, come usano quelli che la madre spinse dal proprio seno ad attingere colle prime aure di vita tristi inclinazioni altrove, ma la rimeritarono del più tenero amore, ed ella fu a lungo beata fra la domestica felicità, buona madre e moglie. Felicità  che appare nella vita come un lampo che striscia e s’asconde fra le nubi, come il sorriso che rapido spunta sul labbro e passa; quando Maria toccava all’ottavo lustro, fu vedovata del suo compagno. Pianse la misera a lungo, e solo ebbe consolazione dai figli che fiorirono mercè le sue cure alla più bella giovinezza; ma in breve le fu d’uopo partire da sè la femmina per accompagnarla a uno sposo: ne avea dolore; ma pure si ricreava di vederla sovente, si ricreava nelle cure del maschio, il quale co’ proprj lavori le faceva comoda la vita che già al cinquantesim’anno, s’incurvava all’età dei bisogni.
Ma appena il lontanare dalla perdita dello sposo aveva in lei fatto mite il patimento con una soave ricordanza, e talora le sorgeva in cuore la gioja, ecco che la figlia nello sporgere una cara portata cadde fra le tante che vuole la natura ostile a questo grande mistero. Povera Maria! fu presso a morirne di dolore, e la confortava il figlio e la stringeva fra le sue braccia, e pianse per molti anni, e solo avea consolazione delle care parole di lui, di lui che le era di sussidio e compagno, era il bastone della sua vecchiezza... ma pur questo le fu tolto, e in pochi dì, e da fiero indomito male. Povera Maria! sola sola, senza lo sposo, senza i figli, e nel rinnovato affanno, tutti le parve averli perduti in un giorno; sola e senza conforto, senza una pietosa mano che la sollevasse nell’ambascia!
A tanti mali si aggiungeva la povertà, poichè mancato il figlio, più non aveva Maria quegli che col poco guadagno la soccorresse nelle necessità della vita, sicchè ella a poco a poco si vendè le masserizie della casa, si ridusse in una piccola casetta col solo letto, la cassa e il pajuolo ove cuoceva la polenta; filava per le vicine e si guadagnava qualche moneta per comperarsi la farina e il pane. E pure fra gli stenti e la povertà unicamente si doleva d’essere sola, di non avere una creatura che rispondesse con un palpito di vita a’ suoi sospiri.
Pensa, e desidera: un dì in primavera vede un pulcino dalla vicina, di recente sbucciato dell’uovo, e pensa che crescendolo domestico possa esserle compagno: si toglie per un giorno il pane di bocca, porge due soldi alla contadina e reca il pulcino nel proprio abituro. Quivi ei crebbe in breve, e vispa spogliò la pelluria e vestì penne brune, gli fiorì rosea cresta sul capo, e Maria fu lieta di scoprire ch’era una gallina. Ella poneva tutte le sue cure intorno a quella bestiuola, e questa era sì addimesticata con lei che pareva intenderla e risponderle a tanto amore.
Stava la vecchierella assisa sul suo scranno a tre piedi, e svolgeva col fuso il filo dalla rocca, e la Checca spiccava un salto sul dorsale della sedia e allungava il collo alle spalle di Maria, e col becco le prendeva le orecchie, o i capelli, o con la cresta le carezzava la guancia. Maria su [332] un deschetto vivandava lo scarso cibo, e la Checca ponevasi accanto a lei e beccherellava sul suo piatto, e qualche volta petulante furava dalla bocca della sua benefattrice parte delle vivande.
Alcuni paesani donavano all’antica figlia del loro collega i truccoli che nel governare il formaggio ancor giovine, vi raschiavano dalla crosta, e chiamano in lombardo raspadura, ed ha sapore, ed è cibo che sovente non isgradisce ai più dilicati palati. Questa era la sola pietanza della povera donna: con questa condiva la minestra e la polenta, questa imbandiva sulla mensa a companatico: la Checca ne era assai ghiotta, e Maria piacevasi sporgergliele di propria mano quel cibo, e talora ricreavasi di sollevare il braccio quando la gallina allungava il collo, sicchè la poveretta spiccava un salto per imbeccarlo e Maria rideva, e la Checca faceva un certo squittire che non saprebbesi se di gioja o d’impazienza. Povera Checca, le diceva sovente Maria, vieni sulle mie mani; e la Checca spiccava il volo chiocciando, e le era sul braccio, e Maria l’accarezzava e le ripeteva: — Sì povera Checca, non ho che te a questo mondo: tu sola mi fai compagnia, tu sola mi consoli fra tante tribolazioni: ho perduto tutto, mi resti tu sola! — E la Checca pareva risponderle, ora spiumacciandosi, ora facendo col dutile collo mille capolini e giochetti graziosi.
La Checca poi rimeritava le cure della sua benefattrice, col farle ogni giorno un uovo, sicchè la vecchierella ora s’aveva un cibo confortativo, ora un piccolo guadagno, poichè i vicini che bisognavano d’uova fresche le richiedevano a lei, e ne riceveva piccola mercede, tolto quando doveano servire per qualche puerpera povera: questa nella propria miseria, era la carità che faceva Maria, carità più pregiata di quella che distribuisce il ricco tolta al superfluo delle proprie profusioni; e Maria n’era lieta, nè voleva udirsi ringraziare, poichè la chiamava l’offerta della sua Checca. Così la vecchierella, da sei anni era meno trista, divideva con quella bestiuola innocente i suoi giorni ed era contenta; con lei parlava del marito e dei figli, con lei versava le sue lagrime, con lei il sorriso della gioja.
Povera Maria! anche questa consolazione doveva esserti tolta. Era un dì sereno, ma spirava impetuoso il vento: alcuni segatori di legna aveano acceso il fuoco in un cortile per cuocere la loro polenta. Il vento rapisce alcune faville, le getta su un tetto, avvampa un incendio; il vento infuria, la fiamma si spicca ed arde un’altra casa, e in breve abbrucia in molte parti il desolato villaggio. Volano da Milano le pompe ad acqua, i pompieri, i soldati, e lottano per lunghe ore contro un elemento che cresce al soffiare dell’altro. Chi grida, chi accorre, un trambusto, una pressa, un terrore universale: dopo dodici ore di fiera lotta fra la natura e l’uomo, vinse questo, e cessò il palpitare di coloro che già vedevano in breve perduta la propria abitazione.
Il nuovo giorno rischiarò una scena di miserie; case arse e distrutte, un serbatojo ov’erano ottocento formaggi interamente consunto, e sul terreno un giallo strato di quel cibo prezioso che alla vampa ardente s’era liquefatto; tetti cadenti, mura annerite; travi semiarse, un accorrere di gente curiosa a vedere, un trarre d’altri a cercare le proprie cose; tutti erano atterriti, erano mesti, e andavano, venivano confusamente. Dimande incessanti, risposte tronche, accenti di dolore, parole di conforto.
Fra tanto trambusto, in un cortile, non molto lungi da una casetta tutta arsa, stava assisa sur una trave affumicata una vecchierella: aveva le poche chiome canute sparse sulle spalle, il capo inchinato, le braccia pendenti, abbandonate: piangeva dirottamente, e guardava sul grembialetto, ove teneva abbrustolata, morta una gallina.
Povera Checca! erano le sole parole che la dolente dicesse senza rimuovere mai gli occhi dalla gallina: povera Checca! ora sono sola! e ricominciava il pianto.
Passava il curioso e vedendo una donna fra tante rovine, piangere sur una gallina, rideva; passava l’indiscreto e le gettava qualche motto di rimprovero: ma ella non si rimuoveva dalla sua posizione, piangeva e ripeteva quelle meste parole. Infine un di que’ bravi che nella notte aveano dato il braccio a spegnere l’incendio, se le accostò a confortarla, e Maria le narrò le sue disgrazie, le narrò della sua Checca. Ella non lamentava, nè il letto arso, nè le masserizie distrutte, solo lamentava la perduta sua compagna. Povera Maria! i tuoi sospiri abbiano un eco che vi risponda, la tua lagrima una mano che la rasciughi, i tuoi affanni la pietà degli umani che li consoli.

Crediti
Fonte a stampa “Novelle e racconti”, di Defendente Sacchi; Milano : Coi torchi di Omobono Manini, 1836


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CORSICO, 1899 - ANNUARIO GENERALE D'ITALIA E DELL' IMPERO ITALIANO

Collegio elettorale di Melegnano. Diocesi di Milano. Abitanti 1967. Distanza da Milano(Capoluogo mandamento) km 8.
Corsico è ad ostro ponente di Milano, fuori Porta Ticinese.
Prodotti. Il territorio di Corsico, nonchè quello di tutto il distretto, è fertilissimo; la massima parte è coltivata a praterie, una minima a biade.
Ufficio postale, ufficio telegrafo e stazione ferroviaria locali, sulla linea Milano Vigevano.
Sindaco Gallone Alessandro
Segretario Croce Alessandro.

Agenti di Assicurazioni. Forghieri rag. Ariodante (Adriatica) - Croce Alessandro (Danubio) - Biffi Arnaldo
Caffettieri Ferrari Enrico
Formaggi (negozi Grossisti) Balzaretti Paolo, Bonati Luigi,  Gambino Filippo, Zacchetti Francesco, Pozzi Ernesto , Gallone Aristide, Gallone Alessandro, Gallone Enrico, Gallone Riccardo, Marroni e Gallone, Moousbrugger Giuseppe, Perico Innocente, Pozzi Gaetano, Verganti Gaetano.
Mediatori Pozzi Carlo (cereali e legna), Pozzi Ezechiele (formaggi) Pozzi Giuseppe (id), Rossi Giosafatte (id)., Mussi Natale.
Osterie (Eserc.) Andreoni Fratelli, Monti Angelo, Sacchi Francesco, Ferrario Achille, Ronchi Angelo, Poggi Carlo, Giuliani Carlo.
Panettieri Andreoni Enrico, Pozzi Fratelli 
Panierai Poletti Eligio
Pizzicagnoli Malerba Enrico, Maino Carlo, Tarantola Angelo, Casartelli Delfino.

Professioni 
Farmacisti Ambrosini Gaetano
Medici Chirurghi Broglio Francesco
Notai Bertoglio Gilberto
Veterinari Galbusera Edoardo




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CORSICO, 1925-1943 DALLA NORMALITA' ALL'INCUBO DELLA GUERRA

 continua da CORSICO, 1920/1924 ARRIVANO I FASCI 
SPECIALE FASCISMO E SECONDA GUERRA MONDIALE - SECONDA PARTE

La casa del Fascio di Corsico
L'arrivo del fascismo a Corsico non ha comunque impedito lo svolgersi della normale vita quotidiana infatti nel maggio del 1923 la cartiera di Corsico viene acquisita dall'imprenditore Luigi Burgo che nel 1926 dona 25 mila lire e un terreno per permettere la costruzione della scuola materna di Via Dante che verrà inaugurata il 28 ottobre del 1929, che non è una data a caso essendo l'anniversario della marcia su Roma. Sempre nel 1926 viene costruita la scuola di via 24 maggio e arriva sul territorio la società di mole abrasive Richard Ginori.
Nel 1926 viene eletto alla carica di Podestà il ragioniere Perico Enrico, rappresentate del Blocco Nazionale e fratello del Sindaco uscente Perico Luigi.
Il Sindaco Perico Luigi
Non siamo a conoscenza di cosa accadde ma tra il 1928 e il 1929 vi è di nuovo un commissario prefettizio, Maggia Erminio che verrà sostituito alle elezioni del 1929 dal Dottor Cesare Agostoni.
Nel 1931 vengono iniziati i lavori per la prima rete fognaria che verrà ampliata e sistemata nel dopoguerra.
Nel 1933 viene costruita la caserma dei Carabinieri, l’attuale caserma della Guardia di Finanza in via Buozzi, e viene inaugurato il Circolo Tranvieri di Corsico.
Nel 1934 nel palazzo che ospitava la Ditta Conserviera carni si insediano le Concerie Giuseppe Stella.
Il Sindaco Perico Enrico
Il 25 luglio 1934 troviamo nuovamente un commissario prefettizio, il commerciante agricolo Alfredo Campiglio eletto poi Sindaco il 6 settembre 1934 rimanendo in carica sino alla caduta del fascismo nel luglio 1943.
Nel 1935, mentre la Richard Ginori viene rilevata dalla mole Norton ampliandone la produzione e numero di operaio, la Materiali Refrattari installa in Italia il primo impianto a ciclo integrale per la produzione di materiali refrattari, incrementando anch'essa il suo organico arrivato a 400 addetti ai lavori. Sempre nel 1935 la società danese Caglio Hansen instaura la sua produzione a Corsico nel palazzo dell'ex Ospedale Militare e fabbrica di liquori Bisleri.
Il Sindaco Campiglio
La Cartiera Burgo nel 1939 decide di iniziare l’attività sportiva dando vita cosi alla Dopolavoro aziendale Canottieri Burgo che divenne poi col solo nome Canottieri Burgo una società competitiva a livello nazionale.
Si arriva così al primo settembre del 1939 quando la Germania nazista di Adolf Hitler attacca la Polonia dando inizio alla seconda guerra mondiale. L’Italia entrerà nel conflitto un anno più tardi con la dichiarazione di guerra di Benito Mussolini a Francia e Gran Bretagna. Era il 10 giugno del 1940 e Corsico contava circa ottomila abitanti.
Per circa un anno la nazione non sente il peso della guerra se non per i molti uomini chiamati al fronte nelle file del Regio esercito e che quindi non possono contribuire al mantenimento della famiglia ma già nel 1941 iniziano a scarseggiare le risorse alimentari di prima necessità e il paese inizia a soffrire la guerra. 
Nasce la borsa nera, un mercato di contrabbando di generi alimentari, che però non tutti potevano permettersi per via dei prezzi altissimi. "La penuria di viveri disponibili sul mercato provocò già nei primi anni di guerra una risalita dei prezzi: il prezzo del pane, da circa 1,80 Lire al chilogrammo nel 1938, arrivò a costare nel 1943 al mercato nero 8,50 Lire mentre la pasta, che costava 3 Lire al chilogrammo, nel 1943 salì a 9 Lire." (fonte wikipedia)
Stanno iniziando gli anni bui per la nazione e per la nostra Città, la macchina perfetta del fascismo dopo tanti anni inizia a cedere.
Il 24 ottobre del 1942, a due anni dall'inizio del conflitto Milano e gran parte della sua provincia viene bombardata dagli anglo-americani con molti danni per la città di Milano e fortunatamente nessun danno e nessuna vittima per Corsico, cosi come nei bombardamenti del febbraio 1943. La guerra arriva in Italia. 
Don Flaminio Tornaghi
I cittadini corsichesi comunque si resero molto solidali verso i vicini milanesi colpiti duramente aiutando gli sfollati che scappavano verso le periferie e le campagne aiutandoli con quel poco che avevano. Il Parroco della chiesa di San Pietro e Paolo Don Flaminio Tornaghi che tenne un diario durante la sua permanenza a Corsico dopo i bombardamenti del febbraio 1943 scrisse: ”Veramente edificante e plebiscitario il contributo di indumenti e denari dati alla popolazione per i sinistrati dell'incursione aerea, Il Cardinale Schuster oltre ad aver scritto ha sentitamente ringraziato trovandosi riuniti in parrocchia a Trezzano il 18 marzo in occasione di s.cresima in quella parrocchia”.
In quello stesso periodo un plotone di militare tedeschi ha preso postazione occupandola nella sede delle donne cattoliche e nell'albergo-ristorante La Pianta. Anche su questi fatti Don Tornaghi scrive nel suo diario: ”Marzo 43 - Il rendiconto annuale delle donne cattoliche deve essere fatto nella Casa Parrocchiale perché la loro sede e' stata occupata dai tedeschi”.
In molti in paese non avevano ne da mangiare ne da scaldarsi, chi lavorava in una fabbrica dove c'era la mensa aveva almeno un pasto assicurato al giorno, mentre si racconta che per scaldarsi d’inverno e accendere le stufe i contadini e gli abitanti vicini alla cartiera raccoglievano l’acqua impastata di legno 
sfibrato scaricato dalla cartiera che dopo averne fatto delle palle e lasciate seccare erano utili per accendere le stufe d’inverno, anche dopo la guerra. 
La crisi del paese è sempre più evidente e iniziano a scarseggiare anche i materiali per la produzione di materiale bellico e fu cosi che in molte chiese italiane vennero asportate le campane per poterne recuperare il bronzo. L'ordine di recupero delle campane arriva anche a Corsico e il 3 marzo del 1943 vengono asportate quelle della chiesa di San Pietro e Paolo. Don Tornaghi appunta sul suo diario: ”Dies mala et amara valde..Addio campane!! Un messo della ditta Barigezzi si presenta ex abrupto ed avverte che d’ordine ministeriale domattina sarà a levare le campane maggiori del peso di quintali 19 la maggiore e di quintali 13 la seconda . Non ammette sostituzioni di peso o campane..non si ragiona. Contro la violenza non valgono scuse. Ne do avviso alla popolazione invitandola ad una ufficiatura solenne pro-benefattori con un nuovo concetto delle campane che se ne vanno, e per i caduti e per i dispersi di guerra”. 
Il campanile senza le campane
Il 20 maggio del 1943 Don Tornaghi scrive :”Oggi finalmente partono i soldati tedeschi che avevano occupato il nuovo oratorio adiacente alla chiesa e varie stanze. Non hanno neppur soddisfatto alle spese vive”.
In questo clima di malcontento in paese a fine maggio del 1943 avviene il primo incontro organizzato da antifascisti locali che pone le basi della resistenza corsichese. A casa di Ercole Danelli, che per coincidenza era di fronte alla Villa Triste, divenuto comando locale della Brigata Aldo Resega, parteciparono Bianca Nardini, Carlo Villani, Carlo Manelli, Giuseppe Rossi e pochi altri. Durante la riunione "veniva concordamente deciso di intensificare il lavoro per allargare il gruppo organizzato e di iniziare un' opera di sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza; nella stessa riunione veniva deciso di avviare anche i contatti con gli antifascisti di Milano." (la lotta antifascista nel corsichese 1980)
La Villa Triste di Corsico
Il 25 luglio 1943 Benito Mussolini viene destituito dall'incarico di Capo del Governo e fatto arrestare dal Re Vittorio Emanuele terzo, trasportato in località segreta sarà sostituito dal Maresciallo Badoglio.
La notizia non tarda ad arrivare e viene annunciata alla radio alle 22 e 47. I corsichesi scendono in Piazza a festeggiare e trascinati dall'entusiasmo si presentano alla casa del fascio in Piazza del Ponte, dove si erano rifugiati alcuni fascisti ma ai quali non venne commessa alcuna violenza, devastandola cosi come avevano fatto gli squadristi alle cooperative.
Qui inizia la storia di Luigi Salma, operaio della Cartiera Burgo. Salma era un sindacalista e militante socialista che nonostante fosse poco conosciuto in paese  era molto attivo politicamente e quando ne aveva l'occasione prendeva spesso parola anche ai comizi che si svolgevano presso il cinema Italia.
Luigi Salma
La sera del 25 luglio fece calmare la folla che stava distruggendo la casa del fascio, e qui prendiamo un racconto tratto dal libro di Villani e Spina:“……era indescrivibile l’entusiasmo di quel giorno. Dopo 23 anni di oppressione fascista la gente si sentiva finalmente libera. Quasi tutta la popolazione si riversava in piazza del ponte dove c’era la casa del fascio, la prese d’assolto e cominciò a devastarla. Luigi Salma si prodigò in tutti i modi perché ciò non avvenisse, ma visto che il risultato era negativo urlò una frase che abbiamo sentito tutti molte volte oramai, ma importante perché dimostrava la forza e la chiarezza di idee del sindacalista :” Compagni, non fate questo, quello che state gettando dal balcone da questo momento è roba vostra, è della comunità, dei sindacati, dei lavoratori tutti, state rompendo e gettando via roba vostra, roba che da questo momento vi appartiene”.
Grazie al suo intervento, che dimostrava la sua maturità politica e democratica, i cittadini improvvisamente cessarono di devastare la sede del fascio.
I carabinieri non tardano ad arrivare e insieme agli avieri disperdono a manganellate gli avventori della casa del fascio. Nello stesso momento un'altra folla aveva raggiunto la Cascina Giorgella, sede dell’azienda agricola di proprietà del Sindaco fascista Alfredo Campiglio, saccheggiando ingenti quantità di beni alimentari. 
Di ritorno dalla Cascina Giorgella alcuni cittadini andranno in spedizione punitiva a distruggere anche  la sede del fascio di Romano Banco. La felicità dura ben poco perché la guerra continua. 
Dopo il 25 luglio si riprese con cautela l'attività sindacale e vennero istituite le prime commissioni interne, Salma era diventato capo della Commissione interna alla Cartiera Burgo. 
"Luigi Salma,   senza risparmiarsi e senza timore di esporsi a rappresaglie, si fece promotore assieme ai comunisti Capuzzoni, Nidasio e Milani della riapertura della Camera del Lavoro per 45 giorni dopo l'8 settembre."
Fu arrestato la mattina del 13 novembre 1943 alle ore sette del mattino dopo aver terminato il turno di notte in cartiera. Venne arrestato come politico. 
Fu condotto immediatamente al Carcere di San Vittore dove vi rimase tre mesi. I familiari dal momento dell’arresto non riuscirono più a vederlo; Nel marzo del 1944 verrà deportato a Mauthausen dove morì il 18 giugno 1944, notizia giunta alla famiglia solo dopo la guerra.
Nell'agosto del 1943 i bombardamenti si intensificano e la notte del sette agosto 1943, talmente era forte e inteso l’attacco degli alleati, che le postazioni antiaeree (che nella zona di Corsico erano al Lorenteggio, Cascina Luisa , Pontirolo e Bazzanella) smisero di sparare . Accadde anche durante i bombardamenti del 13 e del 15 agosto 1943. 
Don Tornaghi
Durante i numerosi bombardamenti degli anglo-americani che colpirono anche il resto d'Italia i corsichesi furono costretti a rifugiarsi in campagna e in zone sicure. Il parroco Don Tornaghi appunta: "Dalla notte del giovedì al venerdì, aerei nemici in numero indescrivibile piombarono su Milano riducendola ad un cumulo di macerie fumanti. Nelle prime ore di venerdì vennero a me persone di ogni contrada e frazione di Corsico portando oltre duemila lire in piccole offerte per pubbliche preghiere e siccome insistevano per processione di penitenza, ed essendo dall'autorità civile proibito ogni assembramento e processioni, decisi che si andrebbe al cimitero dopo l'ora di adorazione del 15 agosto indetta dal Santo Padre per crociata di preghiera e che si sarebbe portata la Statua del Santo e collocata sino a termine guerra nella cappelletta sita sulla Fagnanina, il che si fece con gran concorso di popolo e provvidenza volle che proprio in quella notte indiavolata cadessero a pochi passi dal Santo e dalle case operaie di Villiburgo.. alcune bombe che avrebbero fatto strage di Corsico e invece non produssero che un gran panico ed una vastissima buca là dove scoppiarono. In seguito a ciò ecco che all'esodo o sfollamento dei milanesi si unisce l'esodo di quelli di Corsico; .. ed è vero strazio vedere ad ogni tramonto di giorno, folla di gente che va nei campi di Rovido, Taradeo, Gudo, Molino della Paglia, ed anche altri, in cerca di riposo e non tornano se non al giorno successivo; senza tener calcolo dei molti sfollati in paesi lontani; dei fanciulli è quasi la totalità. Non fa quindi meraviglia che la messa festiva subisce gli effetti perché la chiesa ha un vuoto insolito.”
Dopo essersi recato a Milano il primo settembre 1943 Don Tornaghi scrive: ”Oggi finalmente mi dedico a una visita alla distrutta Milano e purtroppo la realtà è superiore alle referenze. Per tutto il Corso Genova, Torino, Ticinese, Venezie e Sempione non un negozio intatto. Tutto rovine e macerie: le più alte e mastodontiche costruzioni, fabbriche, palazzi, chiese, monumenti, non escluso il Duomo e S.Ambrogio..."
L’8 settembre 1943 l'Italia si arrende e Badoglio con i Savoia fuggono al sud lasciando la nazione in mano ai tedeschi che il 12 settembre liberano Mussolini. 
Quello stesso giorno arriva a Corsico un plotone di bersaglieri e prende sede nella scuola di Via 24 maggio.(CONTINUA)



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LA LAPIDE "GRASSI" DEL 1400 ALLA CASCINA LAVAGNA

Sino alla fine del 1914 incastonata su di un muro della Cascina Lavagna c'era una lapide di marmo di fine quattrocento recante lo storico emblema della Veneranda Fabbrica del Duomo. 
Cosi veniva descritta sul numero 19 della rivista Pagine d'arte del 30 novembre 1914: "La lapide, d'un bel marmo cristallino, dell'altezza di cm 75 per una larghezza di cm 50, divisa in due segmenti, offre in vista nella parte superiore il consueto emblema della Veneranda fabbrica del Duomo, della Vergine celeste che avendo due angeli volanti intorno alle braccia aperte in atto di reggere l'ampio mantello, protegge sotto di se la chiesa tripartita di Santa Tecla costituente l'antica cattedrale milanese, che fu in seguito dedicata a Maria Nascente. Ai lati della chiesa con tabernacoletto cuspidale alla sommità, veggonsi le figure di San Giovanni a sinistra e di San Pietro colle chiaviin mano a destra, entrambi aventi a loro vicino un angioletto ginocchione ed orante.
Sotto questa raffigurazione leggesi trascritta in bei caratteri del quattrocento, in una cartella avente ornati decorativi ai lati, la iscrizione seguente:
VIATOR - HAEC PRAEDIA
INVITO DOMINO NON
INTRATO THOMAE CRASSI
EVERE QUAE MORIENS
FABRICAE TEMPLI VIRGINIS
DICAVIT X SCITO DEVM
ESSE VLTOREM ACTIONVM
PR AVAR UM
e cioè: O passeggero, non entrare in questi fondi senza consenso del padrone. Essi furono di Tommaso Grassi, il quale, morendo, li lasciò alla Fabbrica del Tempio della Vergine. Sappi che Dio è vindice delle cattive azioni. " 

Lapide Grassi del 1400
Tommaso Grassi era un ricco banchiere e mercante milanese che aveva ereditato la sua fortuna alla morte del padre avvenuta nel 1444, e alla sua morte nel 1482 aveva nominato la Fabbrica del Duomo erede di gran parte del suo patrimonio. 
Il Grassi nel 1473 aveva fondato una scuola che portava il suo nome e l'aveva data in gestione alla Pia Congregazione delle quattro Marie in parrocchia di San Michele al gallo. La scuola ebbe lunga vita e andò avanti per oltre tre secoli dopo la sua morte.
Ed era proprio su uno dei muri di questa scuola che alla morte del Grassi venne eretta questa lapide commemorativa. L'edificio si trovava nella contrada dei Ratti, l'odierna Via Cesare Cantù e venne demolito nel 1880.
Alla demolizione dell'edificio la lapide arriva alla Cascina Lavagna, non siamo a conoscenza di come sia finita lì ma possiamo dedurre che la Cascina Lavagna un tempo faceva parte di quei possedimenti lasciati in eredità dal Grassi alle istituzioni cattoliche, è risaputo infatti che molti terreni in Corsico erano di proprietà di congregazioni cattoliche.
Tommaso Grassi aveva molti possedimenti e molto probabilmente anche a Corsico, dei quali si trova infatti un riscontro su di un libro dove viene scritto che in una sua possessione in Corsico morì nel 1444 il celebre condottiero Niccolò Piccinino.
Nel 1914 sulle pagine della rivista Pagine d'arte l'illustre storico dell'arte Diego Sant'Ambrogio si interessa alla lapide e in un articolo ne ricostruisce la storia. 
Ed è proprio grazie al suo interessamento che il celebre architetto Luigi Beltrami intercede con l'allora proprietario della Cascina Lavagna il Conte Guido Carlo Visconti di Modrone e riesce a fare arrivare la lapide al Museo Civico di Milano, come il Sant'Ambrogio auspicava.


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GIORGIO VILLANI - VENT'ANNI DI STORIA E CAMBIAMENTI NEL SUD MILANO, consigli per la lettura


La copertina del libro
Quello che proponiamo oggi è un consiglio alla lettura di un libro, ma anche degli altri che ha scritto, di Giorgio Villani "Vent'anni di storia e cambiamenti nel sud Milano uscito nel 2015. Qui sotto potete vedere il video della presentazione del libro dove vengono raccontati parecchi anedotti interessanti.
La serata, avvenuta il 27 febbraio del 2015 si era svolta presso la biblioteca comunale di Corsico, con la partecipazione dell' allora Assessora Landoni, della ex Sindaca Maria Ferrucci e del consigliere Roberto Masiero. 
Giorgio Villani è un giornalista corsichese che oltre ad aver collaborato con il quotidiano l'Unità ha scritto alcuni libri davvero interessanti riguardanti le zone del sud ovest milanese. In particolare è stato l'autore insieme a Luigi Spina del piccolo capolavoro che tutti conosciamo e che descrive i lunghissimi giorni del ventennio fascista, "La lotta antifascista nel corsichese". Libro dalla quale si attingono un sacco di informazioni storiche degli anni del ventennio fascista nel nostro territorio.
La serata è stata molto interessante, con Giorgio Villani che ha raccontato alcuni aneddoti riguardanti gli articoli riportati nel suo libro. 
Questa sua ultima opera raccoglie infatti 113 articoli che l'autore ha scritto per le pagine dell'Unità negli anni in cui vi ha collaborato, condite da alcune spiegazioni successive all'articolo. Il libro raccoglie uno spaccato di vita degli anni a cavallo tra i settanta e gli ottanta dove vi sono stati anche numerosi fatti di cronaca ma anche qualche notizia riguardante il territorio urbano e i numerosi problemi lavorativi sorti nelle fabbriche in quegli anni. 
Ecco il video. Buona visione


Libro consigliatissimo per gli appassionati di storia locale


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